IV Ponticello
canto XX, vv. 4-6
Brano n. 7 (00:49)
Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d’angoscioso pianto;
Io ero già tutto disposto a guardare il fondo, ora
visibile [scoperto], bagnato dalle lacrime suscitate
dalla sofferenza delle pene;
Superbo
P.f. a 4 mani
La sua entrata è idealmente prevista dopo il verso 6, canto XX
Il titolo Superbo, assegnato al brano del IV ponticello, indica il carattere deciso, rigoroso, del componimento, con una folata di note che punta verso la IV bolgia. La composizione è strutturata con due manti di note, come fossero code di pavone, condotte a specchio: mano sinistra che segue egualmente la destra. Il pavone e lo specchio sono simboli di superbia.
IV bolgia
Maghi e indovini
Ombre speculari
Brano n. 8 (03:16)
Suoni registrati e suoni elettronici idealmente riferita a canto XX, vv. 7-130
Pena e Azioni: i dannati si muovono in processione, il loro corpo è deturpato, il viso è rivolto all’indietro e camminano a ritroso.
Contrappasso: come in vita “vollero veder troppo avante”, ora sono costretti a guardar perennemente indietro.
Suoni utilizzati per la composizione della IV bolgia
Suoni prodotti da alcuni strumenti a percussione marimba, xilofono, vibrafono, celesta;
Suoni prodotti da alcuni fischietti;
Suoni elettronici creati al computer con l’ausilio di software e hardware professionali.
N. B.: La linea melodica condotta dagli strumenti a percussione è l’elaborazione, in moto retrogrado, di alcuni frammenti musicali del brano “Superbo”, riferito al IV ponticello.
Elementi strutturali della parte elettronica (immagine scenico-sonora)
La scena sonora ideata per la IV bolgia, dal titolo Ombre speculari, disegna linee ritmico-melodiche che viaggiano al contrario. Esse cercano di salire verso l’alto ma inesorabilmente vengono trascinate nelle sfere più infime e basse dei registri strumentali. I suoni sono destinati a guardare al passato, alla loro origine, all’indietro. Il ritmo è ostinato e rigoroso.
Mentre ascolti il brano musicale puoi leggere i versi del Canto XX e se lo desideri puoi anche consultare la parafrasi.
Canto XX
e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.
Come ’l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso,
ché da le reni era tornato ’l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché ’l veder dinanzi era lor tolto.
Forse per forza già di parlasia
si travolse così alcun del tutto;
ma io nol vidi, né credo che sia.
Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso
com’ io potea tener lo viso asciutto,
quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso.
Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: «Ancor se’ tu de li altri sciocchi?
Qui vive la pietà quand’ è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?
[ … ]
Vedi le triste che lasciaron l’ago,
la spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine;
fecer malie con erbe e con imago.
Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine
d’amendue li emisperi e tocca l’onda
sotto Sobilia Caino e le spine;
e già iernotte fu la luna tonda:
ben ten de’ ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda».
Sì mi parlava, e andavamo introcque.
Canto XX
E vidi avanzare gente nella valle circolare [vallon tondo], che taceva
e piangeva, come avviene nelle processioni [letane] nel nostro
mondo.
Quando il mio sguardo [viso] scese più in basso su di loro, mi parve
che in modo fuori dall’ordinario ciascuno fosse rivoltato indietro
[travolto] dal mento fino all’inizio delle spalle [casso],
Poiché il volto era girato [tornato] dalla parte delle reni, ed essi
dovevano camminare all’indietro, perché era loro tolta la possibilità
di vedere davanti a sé.
È possibile che qualcuno, a causa di una paralisi [parlasia], sia
storpiato [si travolse] in questo modo, ma io non lo vidi mai e non
credo che possa esistere.
Possa dio farti trarre, o lettore, profitto [frutto] dalla lettura [tua
lezione] dei miei versi, ora pensa tu come fosse possibile che io mi
astenessi dal piangere,
Quando vidi da vicino l’immagine umana così storta che le lacrime
degli occhi bagnavano le natiche attraverso la fessura [lo fesso]
che le separa.
Certo io piangevo appoggiato a una delle schegge sporgenti [rocchi]
del duro scoglio; così che la mia guida mi disse: «Anche tu sei
come gli altri sciocchi?
Qui pensi che debba vivere la pietà quando essa è ormai morta;
chi è più scellerato di colui che prova pietà [passion] di fronte al
giudizio di dio?
[ … ]
Vedi le disgraziate donne che abbandonarono i lavori femminili,
l’ago, la spola e il fuso, e si fecero indovine, facendo incantesimi
[malie] con erbe e con immagini [imago].
Ma vieni ormai, perché la luna [caino e le spine] occupa il confine di
ambedue gli emisferi, e si bagna già nelle onde al di là di Siviglia
[Sobilia];
e già ieri notte ci fu luna piena: ben te ne devi ricordare, poiché ti
giovò una volta nella selva oscura [fonda]».
Così mi parlava, e nel frattempo [introcque] avanzavamo nel nostro viaggio.